Un dipendente pubblico può svolgere anche la libera professione?

Un dipendente pubblico può svolgere anche la libera professione?

Un dipendente pubblico può svolgere anche la libera professione?

Ciao Pier Paolo! Oggi ti propongo uno spunto di riflessione.
Ho preso un incarico scolastico come educatore di un convitto in un istituto alberghiero a tempo pieno. Ho saputo poi che per lavorare come pedagogista a partita IVA bisogna richiedere autorizzazione al dirigente scolastico (che potrebbe non accettarlo).
Il sindacato, invece, in base ad un’interpretazione dell’art. 508 del testo unico, comma 15, mi dice che, poiché non afferenti ad un albo, saremmo comunque incompatibili!
Oggi quindi scopro questo grande dilemma che hanno i pedagogisti con partita IVA.
La maggior parte dei pedagogisti, dopo autorizzazione del dirigente scolastico, continuano a lavorare con partita IVA, ma il sindacato dice che saremmo passibili di licenziamento e comunque non in regola.
Ti rigiro il link che mi è stato inviato dal sindacato dove si parla specificamente di questo argomento, limitazione, che se pur vera, mi sembra assurda!
Io l’incarico l’ho accettato e sono in attesa dell’autorizzazione formale della dirigente che comunque, a prescindere, è necessaria.
Ti ringrazio per il tempo che vorrai dedicare a questo argomento!
Un caro saluto!

Michele D.

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Buongiorno Michele
quesito interessante, che mi è stato posto forse decine di volte negli ultimi anni. Ma ci ritorniamo sopra.
Dunque, la domanda si può riassumere in: può un dipendente pubblico a tempo indeterminato svolgere parallelamente la libera professione?

La regola generale imposta dal legislatore è che il dipendente pubblico è obbligato a prestare il proprio lavoro in maniera esclusiva nei confronti dell’Amministrazione da cui dipende.

A questo principio di carattere generale fanno eccezione alcuni regimi speciali (ad esempio la possibilità per i docenti di esercitare la libera professione) ed il personale in part time con orario di lavoro inferiore al 50% di quello a tempo pieno.

La violazione di tale divieto si può configurare come giusta causa di recesso o di decadenza dall’impiego: tuttavia,  in alcuni casi, comunque, il dipendente pubblico, anche se a tempo pieno, può svolgere, se autorizzato dalla propria Amministrazione, incarichi di tipo diverso, ma solo al verificarsi di determinate condizioni, quali:

  • la temporaneità e l’occasionalità dell’incarico;
  • il non conflitto con gli interessi dell’amministrazione e con il principio del buon andamento della pubblica amministrazione;
  • la compatibilità dell’impegno lavorativo derivante dall’incarico con l’attività lavorativa di servizio cui il dipendente è addetto, tale da non pregiudicarne il regolare svolgimento.

La principale norma di riferimento oggi é l’art. 53 del D.Lgs.30.3.2001, n. 165 (testo unico sul pubblico impiego) il quale riprende l’Art. 58 del D.Lgs. 3.2.1993, n. 29, così come modificato dal D. Lgs. 31.3.1998, n. 80, nonché il TU 3/1957 e la L. 662/1996.

Da un punto di vista fiscale non sussitono vincoli in caso di coesistenza di redditi di lavoro dipendente e redditi d’impresa o di lavoro autonomo i quali andranno regolarmente dichiarati e versate le relative imposte.

In merito alla tipologia di dichiarazione da utilizzare è preclusa la possibilità di presentare il modello 730, tipologia di dichiarazione riservata esclusivamente ai lavoratori titolari solo di redditi di lavoro dipendente, ma dovranno necessariamente presentare il modello redditi PF.

Di fatto, dunque, sussiste un obbligo di esclusività esercitato dal Pubblico verso il lavoratore. Pertanto la risposta fornita dal Sindacato è da riterenrsi valida e legalmente corretta in quanto si configura un conflitto di interessi dove il prevalente è il Pubblico.

Quindi, Michele, temo dovrai effettuare una scelta.

Cordialmente


PPC