La necessità delle Linee Guida in Pedagogia

La Pedagogia non è una scienza esatta. Il motivo è facilmente intuibile: trattando dell’Uomo la Sue variabili sono pressoché infinite e, conseguentemente, pressoché incontrollabili a priori. 

Fortunatamente! 

Così è, e così vorremo che rimanesse. Il contrario sarebbe simile al proiettarsi in un universo parallelo popolato da cloni o replicanti alla Blade Runner. 

Stessa sorte della Pedagogia la condividono tutte le cosiddette “scienze molli” come ad esempio la Psicologia (o alcune sue branche) e la sociologia, in fondo tutte quelle Scienze che trattano di “processi superiori”. 

Tuttavia, pur premettendo questa doverosa precisazione, è altrettanto vero che ogni attività professionale e scientifica, che tale si voglia definire, non può abbandonarsi totalmente all’anarchia procedurale. 

Per chiare meglio la mia posizione: pur nel margine di libertà dettato dalla libertà creativa di ogni pasticciere, una torta deve sempre presupporre alcune costanti comuni dettate dal buon risultato finale della preparazione come, ad esempio, effettuare l’impasto prima di infornare, evitare di utilizzare il peperoncino al posto dello zucchero e altre ovvietà alimentari che potrebbero sembrare ridicole tanto sono date per scontate. 

Cos’è che fa il pasticciere, dunque? Segue un processo, un percorso chiaro, passibile di alcuni gradi di libertà (potrò aggiungere all’impasto frutta o cioccolato) ma non totalmente svincolato da un “tracciato” dettato probabilmente dall’aver sperimentato la bontà dell’impasto e della cottura delle torte precedenti. 

Curiosamente, lo stesso percorso mentale lo segue anche un cardiochirurgo che esegue un TAVI, un Transcatheter Aortic Valve Implant. Qual è lo scopo di “quest’impasto”? Lo scopo è curare una stenosi aortica e migliorare la funzione cardiaca senza rimuovere la valvola aortica nativa che si è ammalata inserendo una bioprotesi valvolare. 

E tutto ciò lo si fa seguendo un “progetto preciso”, un piano condiviso da tutti: equipe medica ma anche paziente. 

In entrambi i casi si segue, cioè, una procedura. Plebani e Trenti definiscono la procedura come “insieme di azioni di carattere professionale finalizzate all’obiettivo prefissato ovvero una sequenza di azioni definite in modo più o meno rigido che descrivono singole fasi di processo per uniformare attività e comportamenti riducendo la discrezionalità del singolo”. 

Una procedura, insomma, dice al professionista cosa fare e come farlo. E lo dice sulla base dell’evidence-based medicine, cioè delle evidenze scientifiche risultanti dall’applicazione e dallo studio di tali procedure. 

Non ci si faccia trarre in inganno dall’aggettivo “medicine” perché le medesime suggestioni teoriche sono replicabili anche in ambito sociale: stiamo parlando del metodo scientifico, quindi anche delle scienze molli. 

L’insieme di raccomandazioni sviluppate sistematicamente, sulla base di conoscenze continuamente aggiornate e valide, redatto allo scopo di rendere appropriato, e con un elevato standard di qualità, un comportamento desiderato è definito linea guida. 

Le linee guida in ambito sociale, specialmente per l’ambito pedagogico, sono scarse e assolutamente poco note. 

Molto, troppo, infatti è ancora lasciato all’improvvisazione del professionista che, sovente, deve “re-inventarsi” per fronteggiare di volta in volta il nuovo “caso”. 

Il re-inventarsi, tuttavia, pur rendendo la Pedagogia una materia duttile e creativa costringe, spesso, a procedere per errori con danni tecnici e deontologici facilmente intuibili se si considera che il peso dei tentativi fallaci ricade, in primis, sulle spalle dell’utenza e secondariamente si riverbera sul professionista stesso con sentimenti di frustrazione, impotenza, disorientamento fino al burn-out. 

Wikipedia ci racconta che le linee guida “sono una base di partenza per l’impostazione di comportamenti e modus operandi condivisi in organizzazioni di ogni genere (sia private, sia pubbliche) nel campo sociale, politico, economico, aziendale, medico e così via.” 

In Italia l’organo deputato alla stesura delle Linee Guida, da ora LG, è l’Istituto Superiore di Sanità, il cui sito è http://www.snlg-iss.it/ 

È molto interessante notare come per la produzione di LG, un requisito fondamentale è costituito dalla presenza, nel gruppo di lavoro, di un panel multidisciplinare. Tutte le agenzie pubbliche di salute, sia europee che nord-americane, escludono la possibilità che possa essere definita come linea guida per la pratica clinica (e sociale, ndr) un documento sviluppato all’interno di un gruppo monodisciplinare come una società scientifica. 

Per essere valide, le linee guida devono: 

1. essere basate su una revisione sistematica delle prove di efficacia disponibili. 

2. essere sviluppata da un autorevole gruppo multidisciplinare di esperti e rappresentanti dei principali gruppi interessati. 

3. prendere in considerazione i sottogruppi rilevanti di utenti e le preferenze degli utenti, se necessario. 

4. basarsi su un processo esplicito e trasparente che riduce al minimo le distorsioni, i bias e i conflitti di interesse. 

5. fornire una accurata illustrazione delle relazioni logiche tra opzioni assistenziali alternative e esiti di salute e fornire una classificazione sia della qualità delle prove che della forza delle raccomandazioni. 

6. essere riconsiderate e aggiornate, se necessario, quando nuove rilevanti prove di efficacia giustifichino modifiche delle raccomandazioni. 

Cosa vuol dire tutto questo? Che ogni intervento deve muovere da evidenze scientifiche, per prima cosa, valutate in ambito analisi multidisciplinare. Basta cioè ai costosissimi corsi che vendono fumo inventandosi la “Pedagogia dell’Iperuranio” senza rendere pubblici gli studi di efficacia (sempre che ne abbiano…). 

Rendere partecipe principalmente la Persona che ha diritto di sapere cosa stiamo facendo per Lei, con quali obiettivi, con quali tempi e modalità e con quali rischi! 

Ridurre al minimo le distorsioni e i bias cognitivi generati dalla soggettività anarchica dell’operatore. 

Proporre interventi mirati, supportati da una seria ricerca pedagogica a monte, mossi da solide basi teoriche. 

Solo così, a mio parere, si può iniziare a parlare di Scienze dell’Educazione. Solo così si potrà abbandonare il laboratorio del riciclo come unica tecnica di intervento pedagogico. Solo così si potrà vedere in maniera critica cosa produce il “far fare i compiti” in studenti che hanno problematiche relazionali, o il corsettino di decoupage ai portatori di disagio psichico. 

Solo così, insomma, si potrà aspirare a una dignità professionale reale, autonoma, solida e forte che non risenta sempre della sindrome di Calimero sperimentata nel confronto con altre professioni che hanno nel loro DNA un approccio realmente scientifico. 

Linee Guida sono disponibili e utilizzabili da Educatori Professionali e Pedagogisti per i DSA (http://www.lineeguidadsa.it/), per le demenze (http://www.snlg-iss.it/lgr_toscana_demenza_2011), per i percorsi riabilitativi (http://www.snlg-iss.it/lgr_toscana_percorsi_riabilitativi_2011), per il trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti (http://www.snlg-iss.it/lgn_disturbi_spettro_autistico) e per gli interventi precoci nella schizofrenia (http://www.snlg-iss.it/lgn_schizofrenia)

Palesemente tutto il mondo della Pedagogia, o quasi, è privo di linee guida. C’è molto da fare e come Educatori Professionali e Pedagogisti avremmo molto da dire e condividere.